NEVERENDING ASTROLOGIA
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 LEGGENDO IL TETRABIBLOS

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andrea

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MessaggioTitolo: LEGGENDO IL TETRABIBLOS   LEGGENDO IL TETRABIBLOS Icon_minitime15/07/08, 11:13 pm

Nella Lettura del testo di Tolomeo (il tetrabiblos), nella parte riguardante le “elevazioni” (esaltazioni) Planetarie, con le sue spiegazioni di tali associazioni, risultano sotto un’ occhio attento molto discordanti e pieni di falli, cercando qua e la di tamponare gli errori ma procurandone nella realtà altri

Infatti, l’autore, spiega nei capitoli dedicati alla logica della sua disposizione, che le esaltazioni rispondono sotto la rispettiva proiezione di luce di sestile e trigono, specificatamente il trigono dalla domiciliazione per i pianeti di natura diurna e in sestile per i pianeti di natura notturna.

Analizzando le disposizioni, alla fine si nota che Tolomeo inizialmente fa rispondere certi abbinamenti con questa regola, mentre in seguito ne ignora senza dare più spiegazione, dove alla fine, cerca di riempire i vuoti delucidando i fattori prima esposti.

Bisogna andare un po’ indietro nel tempo, ricordare, che L’astronomo / Astrologo, non fu lui a inventare l’astrologia, ma ben-si fu chi cerco inizialmente di dare una risposta scientifica astronomica.

Tolomeo, nella sua vita di studioso astronomo e astrologo, andò scrutare i pezzi dall’Egitto ad altri paesi tutti i frammenti della materia dispersi qua e la col passare del tempo, e cerco di ricostruire tali elementi.

E cosi, furono, ma in parte, per motivazioni già esposte in altre spiegazioni.

Rimando qui al mio articolo:
Dignità Planetarie

Se dovessimo prendere atto della prima regola esposta di sestile e trigono, fu proprio su questa cosa che Lisa Morpurgo ricostruì lo schema planetario dagli errori Tolemaici.

Infatti, la regola di sestile per pianeti Notturni e trigono per i Diurni. È completamente mozza per non dire disordinata.

Il Sole definito Diurno si esalta in Ariete (trigono.)

La Luna Notturna si esalta nel Toro (Sestile.)

Mercuri o definito neutrale da Tolomeo si ferma nella sede di domicilio Vergine.

Venere (qui utilizza la partenza dal Toro che per Tolomeo è la sede primaria del pianeta) definita notturna si esalta in Pesci (sestile).

Marte (per quanto domiciliato in stato primario in Ariete e Diurno per Tolomeo, essendo un Malefico lo proietta partendo dallo Scorpione, sede definita da lui stesso preferita che la causa dell’equilibrio lo ferma in sede notturna) definito Maschile si esalta in Capricorno (primo errore Marte maschile si proietta per sestile.)

Giove (Tolomeo fa parlare Giove come dominatore primario i Pesci) Diurno si esalta nel Cancro.

Saturno Notturno (parte dall’Aquario segno per Tolomeo di preferenza per stato di equilibrio (come il definito malefico Marte) per dispetto diventa diurno proiettandosi cosi nella Bilancia (Trigono).




Come ho esposto prima, per chi ha letto il Tetrabiblos, Tolomeo ha esposto delle regole, che utilizzando le parole della Morpurgo “i rimbalzi” ma poi, questo schema viene in sordina.

Stando alle esposizioni del padre della tradizione (Tolomeo), per esaltazione di un pianeta s’intende il segno zodiacale nel quale esso tocca il massimo delle sue proprietà attive.

In realtà il criterio delle esaltazioni è privo di relazione con le posizioni celesti; infatti, Tolomeo è costretto a cercare ogni volta giustificazioni differenti.

È fatto appello la declinazione nord e sud dei pianeti.

Tolomeo, cosi, si sforza di escogitare ragioni plausibili per le esaltazioni esposte, senz’altro citare la regola del sestile e trigoni, e nemmeno con la loro massima declinazione Nord (prima riserva dell’autore di camuffamento dell’errore).

Prediamo per ordine le classificazioni e le esposizioni finali di Claudio Tolomeo sulle disposizioni delle esaltazioni da lui assegnate:

“L’esaltazione del Sole è collocata in Ariete, dove il Sole, tagliato il piano dell’equatore, passa all’emiciclo boreale”.

Nella realtà, il Sole inizia la declinazione nord già a partire dal Capricorno.)

Saturno è posto in opposizione diametrale con il Sole, perché freddo è antitetico al caldo.

Per Saturno è proposto un motivo fisico)

Per la Luna la spiegazione offerta parte da un presupposto arbitrario, cioè un novilunio in Ariete; dopo di che, la Luna incomincia a essere visibile in Toro, che per altro è il primo del suo trigono (riprende la legge dei rimbalzi di Lisa Morpurgo).

Giove, tradizionalmente legato al nord, sarà collocato nel Cancro, il segno più settentrionale dello zodiaco, e Marte, caustico e bruciante, nel segno più meridionale del cerchio zodiacale, il Capricorno (scusante per camuffare lo spostamento di sestile di Marte (sestile definito da lui notturno).

Da qui, però subentra un altro errore, perché Marte stando la tradizione Tolemaica è attribuito all’Ovest!

Per L’umidità di Venere si fa poi appello all’umido della primavera, che inizia a mostrarsi nei Pesci, mentre per il Secco Mercurio si ricorre alla siccità autunnale e quindi alla Vergine.

Da questo piccolo riassunto con un’esposizione critica, si rivela che Tolomeo, nella realtà cerco di distribuire il meglio possibile lo schema zodiacale, con la strutturazione di rimbalzi di sestili e trigoni, partendo dai domicili, ma successivamente tampono gli errori sostanziali sotto altre caratteristiche ben spiegate qui sopra, ma, anchesse contenente errori ben visibili, ma accettate da chi, non fa piccole ricerche reali astronomiche.

Andrea
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Giovangu
Ospite




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MessaggioTitolo: TOLOMEO e IPAZIA   LEGGENDO IL TETRABIBLOS Icon_minitime05/07/10, 02:59 am

 LEGGENDO IL TETRABIBLOS Confused Gentilissima Signora,



           nel film "AGORA'" su IPAZIA - JOHN TOLAND, Ipazia, Editrice Clinamen, Firenze, 2010
- mancano assolutamente i riferimenti ASTROLOGICI: ed è gravissimo!!! Le scuole
neoplatoniche dei primi secoli non erano guidate in tale modo. Il film è stato
comunque culturalmente molto utile, se pur, da un punto di vista artistico,
criticabile. Comunque ne andrebbero messi in scena altri riguardanti argomenti
simili. L' utilità del film avrebbe potuto essere evidenziata anche da MARINO
discepolo di PROCLO, poiché egli racconta che Proclo stesso (Marini Vita Procli, 30: cfr. PROCLUS, Théologie platonicienne, livre I, par
H.D. Saffrey et L.G. Westerink, Paris, Les Belles Lettres, 1968, pp. XXII –
XXIII), per aver custodito devotamente in casa sua la statua della dea Atena,
dal momento in cui i cristiani la buttarono giù dal Partenone per metterci il
Crocifisso, avrebbe poi rischiato di fare la stessa fine di Ipazia se non fosse
riuscito a fuggire. Così erano diventate molte sette cristiane una volta finite
le prime comunità apostoliche, cioè seguaci della dottrina della DIDACHE' che
dava ai PROFETI, quindi anche se laici, pari dignità sacerdotale che ai VESCOVI:
problema al quanto imbarazzante che si cercò ben preso di eliminare e quindi
ancor prima dell’eliminazione della comunità dei DONATISTI.  Alcuni interventi
all’epoca del CONCILIO VATICANO II sembrarono però indicare di dover tornare a
queste primissime comunità in cui la grazia
di profezia,
legata anche all’esercizio di una scienza (per Dante si tratta
della scienza della pagana FILOSOFIA di Pitagora e, similmente, della cristiana
MORALE FILOSOFIA del nono cielo), 
sembrava riproponibile. A quei tempi (1963-1976)  MONS. ENRICO BARTOLETTI, l’ “alter ego” di
Paolo VI e, in certo qual senso il maestro di monsignor ALBINO LUCIANI e  già favorevole ad accettare una legge dello
Stato a favore del divorzio coniugale, a me parve seguire anche questa linea
aperta ad un nuovo profetismo e
quindi alla sacralità del vero Filosofo laico, o scrittore, o autentico poeta
ed artista, specialmente poi se martire, come Ipazia. Egli avrebbe certamente
elogiato Ipazia quale esempio di comportamento per un cristiano.



              Fino a Dante, e perciò
anche nelle antiche scuole neoplatoniche di Atene e di Alessandria, non
esistevano comunque semplici lezioni astronomiche senza riferimenti
all'astrologia tolemaica e, conseguentemente, senza l'identificazione, quanto
meno, dei quattro umori, UMIDO, CALDO - fecondi e attivi e perciò nobili e
montanti- , e SECCO e FREDDO - distruttivi e passivi e perciò volgari e
volgenti - (Tetrabiblos, I, V, 1-2;
I, VIII, 1-2). Anche Dante incentra, sia il viaggio della Commedia, che gli altri episodi simbolici della Vita Nuova e del Convivio sui quattro umori esercitati dagli astri durante il loro
moto (rivoluzioni sinodiche, o aspetti dei pianeti in rapporto col Sole) e peculiarmente
sugli umori umido e caldo in quanto, appunto, nobili e montanti (Convivio, IV,
XXIII). Vedere il Link:  ). Che gli storici e i letterati non ne parlino,
e non vogliano prenderne atto, non significa affatto che la realtà non fosse
allora immaginata nel modo da me evidenziato, cioè tutta sussumibile sotto
questi quattro umori che, per questo, erano ritenuti universali (Cfr. Par.,
XXXIII, 7-9). Le opere di Dante (Commedia,
Vita Nuova e Convivio
) sono tutte immerse nell’ASTROLOGIA pur trovandovi
gli esegeti, ma solo i più esigenti, solo delle note astronomiche. Il fenomeno
sfiora il ridicolo ma così è!



               Il problema della
teorizzazione del movimento ELLITTICO dei pianeti messo in evidenza da Ipazia,
a migliore giustificazione delle loro apparenze in cielo, è importante, ricorda
la passione per la ricerca dei neoplatonici, ma la loro passione per la ricerca
stessa andava ben oltre questo semplice aspetto astronomico-gravitazionale a
noi tanto caro. Essi erano ancor più impegnati nel problema della
spiritualizzazione dell'anima: problema i cui tentativi di risoluzione venivano
ugualmente sottoposti ad osservazione scientifica, empirica, sia pure sotto il
profilo della soggettività, cioè, diremmo noi, di una “scienza universale dell’anima in generale” (E. HUSSERL, La Crisi delle scienze europee, § 69).



          I pianeti ontologicamente
influenti erano inoltre i primi cinque in base a CLAUDIO TOLOMEO, ma anche a
Dante, e andavano gerarchicamente dalla Luna a Marte (Luna, Mercurio, Venere,
Sole, Marte). La Luna si immaginava, non a caso, assai vicino alla Terra e alla
sua fertilità e l’angelo signore di questo primo e più basso cielo, o pianeta,
non per caso è GABRIELE. Le gerarchie angeliche della cultura cristiana sono
ovviamente parto della mentalità di rimonta verso l’Uno, verso il Bene, del
mondo platonico e neoplatonico. Non per caso furono meglio messe a fuoco da DIONIGI  L’AREOPAGITA (Atene, I secolo d.C.), come
testimonia anche Dante (Par., XXVIII,
130-132) e perciò tali gerarchie già indicando l’angelo Gabriele quale signore
del cielo della Luna la quale, per la maggior parte della gente, così scrive
Tolomeo, attraverso il suo novilunio (umido) e plenilunio (caldo), influenza
positivamente la fecondazione degli animali e la semina delle piante (Tetrabiblos, I, III, 14). Questo, per
senso, era il mondo neoplatonico.


               Ritornando alla neoplatonica
Ipazia, sulla Terra esisterebbe, per la Tradizione esoterica, un problema
riguardante SATANA: cioè la non volontà di resurrezione quale conseguenza
indiretta degli influssi di incarnazione esercitati dalla Luna sulla Terra.
               Al contrario Marte,
essendo assai più vicino al più alto dei cieli, ed essendo lontanissimo dalla
Terra, darebbe luogo al problema riguardante LUCIFERO: cioè la non volontà di
incarnazione.


               Il cielo della Luna già presiede alla
GRAMMATICA che permette all’essere umano di iniziare ad incarnarsi nella
cultura. Il cielo di Marte presiede invece alla MUSICA che permette all’essere
umano di affrontare la morte con convinzione, cioè col superamento di essa
stessa: Marte-Musica-Martirio-Morte. Nella sua piena completezza Marte inclina
dunque al versamento del sangue per la verità, mentre la Luna inclina al poter
fare incarnare Colui che sarà all’altezza di questo compito, di questa
verità-realtà ontologico-vissuta (Convivio,
II, XIII, 8; Commedia, Par., XIV,
103-108). Lo ripeto, questo, per senso, era il mondo neoplatonico da cui Dante
fu fortemente influenzato, forse seguendo anche l’arabo Avicenna, o l’ebreo
Abramo Ibn Ezra (Avenare).


               Ontologicamente, per arrivare a
tanto, bisognerà però che prima l'anima discenda dagli influssi dei cieli
superiori alla Luna e che si estendono fino al cielo di Marte, per così
incarnarsi sulla Terra. Le aspirazioni dell’anima dovranno vincere la
luciferina e simbolica non volontà di incarnazione presente nei cieli superiori:
ed è qui che essa può essere aiutata dagli influssi della Luna andando però
incontro poi, una volta incarnatasi sulla Terra, alla satanica non volontà di
resurrezione.  Ma a risolvere questo
ulteriore problema interverrà la potenza di Cristo.


               LUCIFERO e SATANA appaiono
dunque anche come due campi di forza opposti e necessari, quindi scientificamente
utili, alla maturazione dell'uomo completo qualora riescano cristicamente a
crocifiggersi l’uno sull’altro.
                Quando allora il nostro
allievo dedica ad Ipazia, nell'agorà, la sua musica è simigliante al cielo di
Marte e sottostà perciò al problema della non volontà di incarnazione,
ovviamente. Ipazia l'ha capito, e se l’ha capito, quale docente della Scuola,
cosa vorrà ancora insegnargli? Potremmo anche ipotizzare che Ipazia non sia mai
esistita, però, essendo stata costruita la sua storia, essa stessa
dimostrerebbe, a più forte ragione, che il problema di questi delitti, o
assassini, o martirizzazioni, esisteva.


            Quando dunque Ipazia contraccambia,
nella storia, didatticamente l'omaggio fattole dal suo allievo, regalandogli il
suo fazzoletto macchiato del suo mestruo, intanto il simbolo è ovviamente
quello del cielo della Luna, mentre il consiglio non potrà essere che quello di
doversi anche lui meglio incarnare. Dunque Ipazia, seguendo i significati
astrologici, per il suo regalo legato alla Luna, consiglierebbe all’allievo di
incarnarsi meglio, più completamente, oltre che di continuare, ovviamente, a
dedicarsi alla musica. E siamo qui all’inizio e alla fine (Luna-Marte) del
tragitto ontologico dell’essere umano in base agli influssi dei pianeti.


            Anche Gesù Cristo si incarnò
attraverso gli Uffici del signore del cielo della Luna: l’ANGELO Gabriele, che
sarebbe perciò un grave errore chiamare ARCANGELO, come invece si legge anche
in alcuni testi promossi dalla Conferenza Episcopale Italiana. 


           CHI HA PAURA DEL CORPO DELL’UOMO?  CHI NON AMA IL CLASSICISMO.


          La nostra “Regina Benedetta Virgo Maria” (Vita
Nuova
, XXVIII, 1) rimase incinta di Gesù Cristo proprio a quello che
avrebbe dovuto essere il suo primo MESTRUO.
Essa rimase infatti incinta di Gesù, seguendo la Tradizione, all’età di tredici
anni (Convivio, II, V, 4) per
l’intervento del “grande legato missus a Deo”, l’angelo Gabriele signore del
cielo della Luna che, non solo in quell’occasione, poteva guardare negli occhi
la nostra Regina innamorato sì da parer di foco (Par., XXXII, 103-105). Un bel privilegio.  Infatti così recita la liturgia della Santa
Notte della Natività: “ex utero ante
Luciferum genui te
”.  Il  generato da quell’utero, Gesù Cristo, da un
punto di vista simbolico riguardante l’ontologia vissuta, sarà poi messo da
Dante, ovviamente, nel cielo di Marte e della Musica: “… ché ‘n quella croce lampeggiava Cristo” (Par., XIV, 104). Desta perciò sorpresa che alcuni commentatori, constatato
che Ipazia ha voluto contraccambiare l’attenzione musicale a lei rivolta
regalando il suo mestruo, abbiano potuto concludere che essa stessa potesse
essere una  prostituta, o accostata a un
qualche genere di “ESCORT”.


È perciò banale
affermare che l’EUROPA HA RADICI GIUDAICO-CRISTIANE. Meglio sarebbe
riconoscere, con Dante, che essa ha RADICI PAGANO-CLASSICO-CRISTIANE: il
giudaismo essendo implicito al cristianesimo, e la cultura egiziana e caldaica
implicita al paganesimo classico. L’Occidentalità del pensiero, essenzialmente,
è tutta qui racchiusa.


               I due campi di forza della NON VOLONTA' (non
volontà di incarnazione per chi si trova in cielo, e a più forte ragione in
quello della musica; e non volontà di resurrezione per chi si trova sulla Terra
in conseguenza degli influssi della Luna), 
per tentazione reciproca danno luogo, ontologicamente, alla Croce di
Cristo che, se intesa come simbolo di scienza, diventa e simboleggia la
contemporanea volontà di incarnazione e di resurrezione. Questa è la Croce di
Cristo. Cristo, ovvero l'Uomo che insegna la strada della deità, deve diventare
infatti potente di incarnazione e di resurrezione: da qui, appunto, la CROCE DI
CRISTO come simbolo, ormai trascurato, di una scienza della soggettività in
generale e dell'evoluzione della persona. Questa traiettoria esistenziale
risulta anche dagli insegnamenti, ancorati alla Tradizione, del Filosofo e
romanziere francese RAYMOND ABELLIO (cfr. R. ABELLIO, LA STRUCTURE ABSOLUE, Essai de phénoménologie génétique, coll.
Bibliothèque des Idées, Gallimard, Paris, 1965, pp. 23, 244, 333-353, 358, 440,
450-462, 469-475, 519. A pagina 349 egli così scrive, p.e., : “Il cielo è il germe di una terra ideale, ma
esso, in quanto luciferino, dovrà incarnarsi sulla Terra. Non può restare
germe.  Il campo simbolico di forza
luciferino che sta in cielo e quello satanico che viviamo qui sulla terra
rendendola un’Inferno, non si conoscono però come tali e, da qui, l’impotenza a
crocifiggersi l’uno sull’altro mancando loro, momentaneamente, una sufficiente
reciproca tentazione
”, p.349).


                Il contraccambio del regalo,
MUSICA CONTRO MESTRUO,  fatto da IPAZIA
punterebbe dunque, considerandolo sotto questo profilo esoterico-scientifico,
alla maturazione del suo allievo e, più in generale, alla realizzazione futura
di una terra ideale: la pagana NOVELLA TROIA promessa da Giove a sua figlia
Venere mattutina e perciò UMIDA E CALDA (VIRGILIO, Eneide, libro primo, 254-260; Annibal Caro, 416-421) e, ugualmente,
alla realizzazione della cristiana NUOVA GERUSALEMME TERRESTRE.
               Ipazia, sotto il profilo
scientifico-spirituale, cioè della ricerca della verità è, paradossalmente, già
più cristiana dei cristiani e del suo allievo, e dunque non per caso è lei a
versare il sangue per la verità, ad essere martire: Marte-Musica-Martirio-Morte
e quindi assai vicina a Cristo crocifisso. Scrive Dante: “In forma dunque di candida rosa / mi si mostrava la milizia santa / che nel suo sangue Cristo fece
sposa;”
(Par., XXXI, 1-3).


           IPAZIA “ESCORT”.


          Ipazia per alcuni sarebbe stata una
“ESCORT”?  In altre parole una donna
pronta a ripetere quasi a memoria le lezioni di importanti docenti di Teologia neoplatonica?


          In questo nostro frangente cattolico-culturale
italiano apparentare Ipazia ad una “escort” potrebbe confondere però le idee,
il senso che effettivamente ebbe la sua vita, che poi è quello che dovrebbe
contare. Essa fu sacra.


           Essere un docente universitario di
alto lignaggio, oppure famoso, indubbiamente è una cosa commendevole, però
essere una martire è cosa ben diversa, assai più difficile e moralmente ben più
impegnativa, per cui sarebbe d’obbligo per tutti dire: “GIÙ IL CAPPELLO!” Il
sangue versato, è sangue versato, e in ogni circostanza. I discorsi  ben altra cosa e assai più facile e debole.
Il fatto che un debole possa criticare, o fare impallidire,  un forte a me intimamente dispiace.


         Ipazia non fu disposta a farsi
adescare da credenze maggiormente di moda, o meglio remunerate, e quindi Essa
fu, ontologicamente (ontologia vissuta) una vera donna di Filosofia, cioè
all’altezza di dare buoni consigli ad una Civiltà in fieri. Per me il
cristianesimo è superiore al paganesimo classico, però bisogna vedere di quale
cristianesimo parliamo. A qualificare l’essere umano non valgono solo i discorsi
e i libri pubblicati con successo  quanto, soprattutto, il comportamento.  Il letterato mai potrà essere esistenzialmente
superiore al martire. All’ intellettuale, a volte, piacerebbe, ma non è così,
non è giusto. L’intellettuale appartiene al cielo di Mercurio (dialettica) e,
semmai, a quello del Sole (ampliamento di coscienza), il martire, invece, al
superiore Marte.  Inoltre i martiri,
anche se pagani, per me  cristiano,
seguace di Dante, hanno gli stessi poteri dei nostri santi martiri, per cui,
dilà, potrebbero anche offendersene: e, nel mondo-dilà, pagano e cristiano, la
stima nostra di viventi verso di loro sembra contare, avere un peso.


           E' interessante ricordare come Dante
MALEDICA nel Convivio quei cristiani
che non vedono nella paganità classica la spinta necessaria per diventare
autentici cristiani. Egli sta dunque dalla parte di Ipazia mentre così scrive:
"Maledetti siate voi (cristiani
traviati), e la vostra presunzione, e chi
a voi crede"
(Convivio, IV,
V, 9).



            Non si può studiare il
medioevo e la classicità, come anche gli egizi e i caldei (Tetrabiblos, I, XXI, 1; I, XXI, 8; I, II, 15; I, III, 18; II, XI,
3), solo riempiendosi la mente di avvenimenti, di episodi storici e di cronaca
e di date poiché tale indirizzo è parziale, intimamente deludente, e infine
finisce per impoverire lo studente e la cultura. Per studiare con autentico
profitto culturale le epoche passate bisognerà invece cercare prima di tutto di
impadronirsi delle scienze di allora, delle epoche  di cui intendiamo riferire poiché è di esse
stesse che ha vissuto l'umanità di cui vogliamo riferire. Per il progresso
esistenziale della nostra civiltà è interessante il vissuto di queste epoche a
noi lontane e non l’esibizione mnemonica di dati spesso manualistici. Il
compito è difficile, faticosissimo e rischioso ma possibile, comunque
ineludibile.


           Scriveva EUGENIO GARIN che
l'università delle Scienze Umane, sotto questo profilo, fa pena. Io ho
condiviso il suo sentimento e ho cercato di porre alcuni qualificanti rimedi
con lunghi, continuativi e faticosissimi studi. Il risultato didattico è però
rimasto inascoltato. Oggi mi domando: Perché?
Con un saluto.


Firenze, 04 luglio 2010,

                                                          
          Giovangualberto Ceri
Tel. 055 - 650.55.37 -
cell. 333.396.1191
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