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 APOCALISSE PROSSIMA VENTURA –Aprile 1991

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andrea

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MessaggioTitolo: APOCALISSE PROSSIMA VENTURA –Aprile 1991   APOCALISSE PROSSIMA VENTURA –Aprile 1991 Icon_minitime13/12/08, 09:15 pm




APOCALISSE PROSSIMA VENTURA –Aprile 1991

“Che ne pensa, cara Morpurgo, dell’apocalisse, delle belle nevicate di questo inverno?
Dov’è finita la siccità che doveva ucciderci tutti ? Dopo aver tanto criticato i profeti di sventura mi sembra che lei sia salta sulla stessa barca e adesso di si trovi, come tutti i suoi compari, con le pive nel sacco.”

Paride

Carissimo Paride, voglio rassicurarla (o deluderla) subito: le belle nevicate di questo inverno mi hanno riempito di gioia, non solo perché pratico lo sci, e come molti altri sciatori ero da tre anni in crisi di astinenza, ma anche e soprattutto perché questo rinnovato respiro della natura mi riapre il cuore alla speranza.
Contrariamente a quanto lei crede, sarei felice di essere smentita e di veder smentita la scienza: l’ossido di carbonio fa bene alla salute ,i diserbanti chimici si sciolgono nei fiumi e nei mari rendendoli limpidi come cristalli, il disboscamento ha un alto valore ecologico perché i terreni denudati sono più fertili e le pioggie vi cadono più abbondanti.
Purtroppo non è cosi e penso lo sappia benissimo anche lei. L’entusiasmo che l’ha indotta a scrivermi non nasce, temo, da un modo di pensare “verde”, ma al contrario da una solida mentalità consumistica che vuol continuare un’allegra vita di sprechi.
Ma i dubbi, caro Paride, sussistono, e sussiste anche il mio pessimismo in linea generale. In linea personale, invece, sono diventata più ottimista, e mi spiego: se l’inverno e la neve non fossero davvero più riapparsi alle nostre latitudini, dieci anni al massimo ci avrebbero separato dall’inizio della catastrofe migratoria che ho descritto nel mio articolo di gennaio.
L’oasi di normalità offertaci dalla fine del 1990 (cioè nel momento in cui sto scrivendo questo pezzo) consente di allargare un po’ di più i limiti di tempo che ci sono concessi, e insomma, parlando egoisticamente potrei chiudere la mia esistenza in condizioni climatiche accettabili.
Ma c’è anche un interessantissimo dato astrologico da prendere in considerazione: le ipotesi fatte dagli astronomi russi a proposito dei due pianeti trans plutoniani piazzando “Y” tra il 18° della Vergine e il 5° della Bilancia, un arco abbastanza vasto data l’estrema lentezza del pianeta.
Ora, le nevicate di quest’ inverno ci permettono di affermare, con ragionevole certezza, che “Y”dovrebbe trovarsi attualmente a 3° della Bilancia e non oltre.
La terribile siccità degli ultimi tre anni, e in particolar modo quella dell’inverno 1988/1989, era probabilmente dovuta ai quadrati formati da Saturno e soprattutto da Urano a “Y”, pianeta della meteorologia e regolatore del nostro clima.
L’allontanamento di Saturno, il gennaio scorso, ha facilitato qualche breve nevicata, mentre l’attuale allontanamento di Urano ha aperto le porte a un quasi normale inverno.
In febbraio il trigono di Saturno ai primi gradi della Bilancia dovrebbe migliorare ancora le cose.
Speriamo che questa pausa benedetta non induca i Paridi di questo mondo a commettere crimini ecologici ancora più gravi.
L’egoismo umano, infatti, non è strutturato semplicemente attorno alla difesa dei propri comodi, non è soltanto una faccenda economica, un problema di scambi di mercato e di livelli di vita.
No, l’egoismo umano, come ho scritto più volte, è soprattutto egopatia, un bisogno irresistibile di sentirsi al centro dell’universo, unici, invincibili e padroni di fare quel che più ci piace.
Nel pochissimo spazio che mi è concesso, vorrei almeno accennare al fatto che per l’uomo cosi detto “sapiens”, ma in realtà colmo di pulsioni arietine, le questioni di principio hanno un’importanza schiacciante, tanto da indurre molti ad andare contro i propri interessi.
A mio avviso, nelle attuali battaglie pro e contro l’ecologia, il desiderio di bruciare sempre più benzina e di coprire di cemento aree sempre più vaste ha un peso relativo.
Ciò che fa scattare il furore dei consumisti è l’idea che la natura possa morire di sfinimento anziché servire l’uomo come una inesauribile schiava.
Se questa mentalità non cambia, gli aspetti positivi tra “Y” e gli altri pianeti ci concederanno soltanto momentanei sollievi.
C’è però un altro aspetto della faccenda da prendere in considerazione: vista nella prospettiva dei secoli e dei millenni, la storia della civiltà si concede ampie pause ricorrenti.
Il mondo romano dell’epoca augustea, e anche dei due secoli successivi, raggiunse livelli di benessere e di comfort paragonabili a quelli dell’attuale mondo occidentale, ma le invasioni barbariche vi misero brutalmente fine e per quattro o cinque secoli (che sono moltissimi, credetemi) a condizioni di vita miserrime si affiancò l’estinzione totale di ogni forma artistica, di ogni creazione poetica o letteraria, come se l’umanità intera si fosse messa in letargo cedendo non soltanto alle circostanze materiali, ma anche a una sorta di inerzia morale incapace di reagire.
Il trionfo della barbarie ci appare insomma avvolto da una nebbia di fatalità.
Ripensando a tali cose in questi giorni di metà gennaio (devo scrivere i miei articoli con tre mesi di anticipo) mentre vedo sfilare cortei di pacifisti, quasi tutti ragazzini giovanissimi, rosei, ben nutriti e , c’era da scommetterci, quasi tutti possessori di un motorino in attesa dei diciotto anni, quando avrebbero chiesto la macchina del papà.
Eppure il loro slogan vincente, da Milano a San Francisco, è stato:”No alla guerra per il petrolio”, come se il famigerato oro nero fosse un tesoro segreto da accumulare nelle casseforti dei plutocrati sionisti (vecchio slogan della Hitlerjugend adottato dai nostri nipotini) anziché strumento indispensabile dello sfrenato consumismo di tutti.
Ora, vedendo sfilare questi fanciulli, io mi chiedevo quanta parte del loro entusiasmo fosse dovuto a crassa ignoranza e banale disinformazione, e quanta invece dipendesse da una sorta di fatalistica attrazione per quei valori arietini-maschili-tribali perfettamente rappresentati dal mondo islamico: l’uomo guerriero e virile, educato fin dalla culla a combattere e a morire, e la donna cancellata dalla vita sociale,chiusa in casa al servizio del suo signore e padrone.
Un sogno antico, mai completamente soppresso dalla civiltà e riemerso con prepotenza in questi anni di tolleranza repressiva.
In quest’ottica appare logico che la causa islamica abbia raccolto fervidi consensi tra gli integralisti cattolici, affetti da viscerale misoginia, e tra i comunisti pseudo-convertiti, ma in realtà affetti da altrettanto viscerale nostalgia per la figura di un padre dispotico e carismatico.
Non è certo un caso che l’unica trasmissione dedicata da Raitre alle donne si chiami “Harem” dal punto di vista ecologico – poiché è da li che siamo partiti,il trionfo della guerra santa rappresenterebbe vantaggi preziosissimi, inestimabili: la società dei consumi verrebbe pressoché distrutta, specie se si pensa che miliardi di donne non potrebbero più guidare l’automobile e scatenarsi liberamente nelle boutique.
Ridottissima l’audience di una televisione ufficiale politico – religiosa, e dunque fine del business pubblicitario.
Unico commercio fiorente quello delle armi, di cui si farà largo uso riducendo in breve tempo i problemi della sovrappopolazione. Forse il mondo ha davvero bisogno di questo e i ragazzini sedicenti pacifisti obbediscono al loro destino.

Lisa Morpurgo

Tratto dalla rivista sirio

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